I dipendenti del settore privato con contratto di lavoro subordinato possono richiedere l’erogazione mensile in busta paga del TFR a partire dal 1° marzo 2015 e fino al 30 giugno 2018 (articolo 1, commi 26 e seguenti della legge di stabilità per il 2015 -legge 23 dicembre 2014, n. 190).
La quota di TFR che maturerà nel periodo di paga di giugno 2018, determinata secondo il criterio della competenza, sarà dunque l’ultima ad essere liquidata nella busta paga mensile, a meno che il neonato Governo non preveda la proroga di questa misura sperimentale o la sua riconferma in versione strutturale.
La QUiR in verità non ha ottenuto il successo auspicato dal Legislatore che – nel 2015 – era intento a ridurre il cosiddetto “cuneo fiscale” sia dal lato dei costi aziendali (gli esoneri contributivi triennali e biennali per le assunzioni a tempo indeterminato erano chiari esempi di questo proposito) che dal lato del “netto in busta” percepito dal lavoratore (e su quest’ultimo versante anche il bonus IRPEF introdotto dal D.L. 66/2014).
La liquidazione del TFR mensile in busta paga è una misura che ha seguito la traccia del medesimo solco: senza agire dal lato della retribuzione (con indesiderati aumenti a carico delle imprese) e senza gravare ulteriormente sulle casse dello Stato, l’unica residua strada percorribile era rappresentata dall’utilizzo immediato della retribuzione differita: soluzione di effetto e che non pone ulteriori oneri a carico delle parti in causa.
Il TFR però svolge storicamente una funzione sociale ben radicata nella tradizione italiana: esso consiste in un capitale erogato a fine rapporto che consente al lavoratore ed alla sua famiglia di affrontare in maniera più serena i periodi di non lavoro o del meritato riposo a fine carriera. E’ quindi assolutamente necessario che la QUiR sia attivata a richiesta del lavoratore il quale, con una scelta consapevole, opera in questo modo uno scambio fra presente e futuro o, per dirla con la secolare saggezza di Esopo, compie una scelta fra il comportamento della cicala e quello della formica.
L’immediata disponibilità economica ottenuta è finalizzata, nelle intenzioni degli estensori della norma, anche al rilancio dei consumi privati e a fornire un contributo diretto alla crescita dell’economia italiana in termini di punti del PIL.
L’operazione, valutata nel complesso del panorama normativo italiano, offre però all’osservatore anche una nota stonata, in quanto le sue finalità sono rivolte in direzione contraria ed opposta rispetto ad un’altra misura che anch’essa mira ad utilizzare il TFR come retribuzione differita: la riforma della previdenza complementare operata dal D.Lgs n. 252/2005, che mira alla costituzione del “secondo pilastro” pensionistico mediante il versamento del TFR maturando e di eventuali quote aggiuntive di retribuzione corrente.
Da questo punto di vista non si può che evidenziare che i due messaggi, una volta giunti all’attenzione dei lavoratori, mirano ad ottenere effetti opposti, di cui il secondo (la previdenza complementare) è, a nostro parere, portatore di valori etici sicuramente più nobili e condivisibili rispetto al primo (l’aumento dei consumi e della disponibilità finanziaria immediata del lavoratore).
La struttura normativa realizzata nel 2015 era particolarmente ricca di dettagli operativi tanto da apparire persino complessa, come nella descrizione delle condizioni richieste al datore di lavoro in carenza di liquidità per ottenere il finanziamento garantito dallo Stato.
La procedura di gestione della Qu.I.R ha inizio con la richiesta esplicita del lavoratore, a condizione che abbia maturato almeno 6 mesi di anzianità di servizio presso il datore di lavoro, da formalizzare per mezzo dell’apposito modello allegato al DPCM 20 febbraio 2015 n. 29.
Tale possibilità è prevista sia per coloro che hanno mantenuto il TFR in azienda, che per coloro che lo hanno destinato alla previdenza complementare o al Fondo di Tesoreria.
Una volta ricevuta l’istanza del lavoratore debitamente compilata e sottoscritta, il datore di lavoro rilascia al lavoratore una copia controfirmata, ovvero un’attestazione di ricevimento in formato elettronico.
La quota mensile di TFR è determinata sulla base delle disposizioni dell’articolo 2120 del codice civile, al netto del contributo aggiuntivo IVS dello 0,50% a carico del lavoratore, quando dovuto.
A decorrere dal mese successivo a quello della richiesta effettuata attraverso la presentazione dell’istanza, o entro il terzo mese successivo a quello di competenza in caso di azienda con meno di 50 dipendenti che richieda il finanziamento assistito dalla garanzia INPS, il datore di lavoro eroga la quota di TFR maturata mensilmente e dunque ne sospende l’accantonamento e la rivalutazione, se in regime di articolo 2120 del codice civile, o il versamento al Fondo pensione o al Fondo di Tesoreria INPS.
Il legislatore ha posto molta attenzione anche agli effetti indiretti della liquidazione del TFR in busta paga, prevedendo ad esempio la “neutralizzazione” degli effetti dell’incremento del reddito imponibile sul bonus IRPEF ed evidenziando che, nonostante abbia perso la caratteristica di retribuzione differita, la Qu.I.R. conserva comunque la sua natura non imponibile ai fini contributivi.
Ad onor del vero, non tutti gli effetti indesiderati sono stati evitati: l’applicazione della tassazione ordinaria ad esempio può determinare una imposta lorda maggiore rispetto a quella che sarebbe calcolata con la tassazione separata e nemmeno le detrazioni spettanti al lavoratore subordinato possono ovviare all’effetto indesiderato, anche loro soggette ad una diminuzione a causa dell’aumento del reddito complessivo presente nelle formule di calcolo.
Luci e ombre dunque sono riassumibili nella tabella sottostante che riepiloga le caratteristiche gestionali della busta paga e della elaborazione dei contributi:
Effetto della Qu.I.R. sulle variabili in busta paga
- Regime contributivo: Non imponibile
- Regime fiscale: Tassazione ordinaria
- Bonus Irpef DL 66/2014: Non rilevante ai fini dei limiti reddituali
- Detrazioni fiscali: Rilevante ai fini reddituali
- Addizionali regionali e comunali: Rilevante ai fini reddituali
- Assegni per il Nucleo Familiare: Rilevante ai fini dei limiti reddituali
- Trattamento di Fine Rapporto: Non utile ai fini della maturazione
- ISEE: Rilevante ai fini reddituali
Misure compensative per i datori di lavoro
- Fondo di garanzia del TFR: Esonero dal contributo dello 0,20%
- Contributoprestazioni temporanee: Esonero dal contributo dello 0,28%
- Deducibilità dal reddito d’impresa: 4% del TFR liquidato (6% per le imprese con meno di 50 addetti)
Finanziamento agevolato per i datori di lavoro in crisi di liquidità
Per far fronte agli oneri derivanti dall’erogazione diretta in busta paga del TFR, le aziende con meno di 50 dipendenti possono accedere a forme di finanziamento agevolato garantite dall’INPS.
In questo caso, il datore di lavoro è tenuto al versamento di un contributo aggiuntivo al Fondo di garanzia per l’accesso ai finanziamenti istituito presso l’INPS pari allo 0,20% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori per i quali i datori di lavoro utilizzano il finanziamento assistito da garanzia.
In materia di lavoro, sul tavolo del Governo sono presenti fascicoli molto impegnativi dal punto di vista della realizzazione e della copertura finanziaria ed è probabile che il tema legato alla eventuale proroga della Qu.I.R. passi in secondo piano. Tenuto conto inoltre che il promotore della misura in argomento è in questo momento all’opposizione, a meno che non accadano colpi di scena sempre possibili, dal periodo di paga di luglio i cedolini dei lavoratori attualmente soggetti alla QUiR torneranno dunque ad essere gestiti in maniera ordinaria.
In modo particolare, ai fini del TFR riprenderanno le operazioni consuete: l’accantonamento presso il fondo TFR aziendale delle quote maturate mese per mese, il versamento ai fondi di previdenza complementare per i lavoratori aderenti ed il versamento al fondo di Tesoreria per le aziende obbligate.
(Fonte IPSOA)