Per beneficiare delle disposizioni che prevedono la riduzione della tassazione del reddito il lavoratore deve presentare una richiesta scritta al datore di lavoro
Un lavoratore italiano che, dopo aver lavorato all’estero trasferisce la propria residenza in Italia a maggio 2017 e che ad aprile 2017 stipula un pre-contratto di lavoro con la società francese che lo assegna nella sede italiana, non può fruire del regime speciale impatriati per il periodo d’imposta di rimpatrio, 2017, e per quello successivo, 2018, non avendo presentato la relativa domanda.
La possibilità di fruire del beneficio, che prevede una detassazione del reddito, non è invece preclusa per i rimanenti tre periodi d’imposta del quinquennio agevolabile. Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 59 del 13 febbraio 2020.
L’istante, ritiene di essere in possesso dei requisiti necessari per fruire dell’agevolazione (articolo 16, comma 2, del Dlgs n. 147/2015) a decorrere dall’anno d’imposta 2017.
Nello specifico, l’istante pone l’accento sulla sola prova della residenza, sostenendo che il pre-contratto di lavoro con promessa di assunzione in Italia da parte della società francese, giustifica il collegamento tra il trasferimento della residenza a maggio del 2017 e l’inizio dell’attività lavorativa a settembre 2017. Ritiene, inoltre, che la residenza estera può essere provata dal certificato storico di migrazione che attesta l’effettivo trasferimento “fuori confine” a decorrere dal 2009 e quella italiana dalla successiva iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente in data 8 maggio 2017.
L’Agenzia ricorda che il regime speciale per i lavoratori impatriati, introdotto dall’articolo 16 del Dlgs n. 147/2015, è stato oggetto di modifiche, per effetto del Dl n. 34/2019, in vigore dal 1° maggio 2019, sia con riferimento ai requisiti soggettivi stabiliti ai fini dell’accesso sia riguardo ai benefici economici, molto più favorevoli con le nuove disposizioni.
Per il caso in esame, dunque, configurato in un trasferimento di residenza in Italia precedente al 30 aprile 2019, occorre far riferimento alla vecchia disciplina del Dlgs n. 147/2015 riconosciuta ai lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia. Tali disposizioni prevedono che i redditi di lavoro dipendente e autonomo prodotti in Italia dai cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra-Ue con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, concorrono al reddito nella misura del 50% a patto che:
- siano in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un lavoro dipendente o autonomo fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, oppure
- abbiano svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più conseguendo la laurea o una specializzazione post lauream
L’agevolazione fiscale si applica ai soli redditi prodotti nel territorio dello Stato.
L’Agenzia ricorda inoltre che sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Oltre al trasferimento di residenza, per fruire delle agevolazioni il lavoratore deve rimanere In Italia per almeno due anni, pena la decadenza dai benefici.
In merito al tempo intercorrente tra il trasferimento della residenza e l’inizio dell’attività lavorativa in Italia, l’Agenzia ricorda che, come chiarito anche dalla circolare n. 17/2017, possono accedere al beneficio coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che ci sia un collegamento tra i due eventi.
Nel caso in esame l’Agenzia ritiene che tale collegamento sia senz’altro ravvisabile nell’accordo precontrattuale sottoscritto dall’istante il 24 aprile 2017 con la società estera. Di conseguenza, se l’istante è in grado di provare la residenza all’estero antecedentemente al rimpatrio, al ricorrere di tutti i requisiti stabiliti dalla norma, è possibile fruire dei benefici riconosciuti dall’articolo 16 (nella versione in vigore fino 30 aprile 2019), a partire dal periodo d’imposta 2017 e per i quattro periodi di imposta successivi.
Tuttavia, in relazione alle modalità di fruizione del beneficio, il documento di prassi ricorda che i titolari di reddito di lavoro dipendente devono presentare una richiesta scritta al datore di lavoro, (contenente fra l’altro le generalità, il codice fiscale, la data di rientro in Italia, la dichiarazione del possesso dei requisiti, ecc) e, come chiarito con la citata circolare n. 17/2017, “il datore di lavoro applica il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell’assunzione, mediante applicazione delle ritenute sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile prevista dal regime agevolativo per il quale il lavoratore ha presentato la richiesta scritta, al quale saranno commisurate le relative detrazioni”.
L’istante nel caso in esame dichiara di non aver formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta di rimpatrio (2017) né nel periodo di imposta successivo (2018), tanto meno ne ha dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione ad oggi risultano scaduti.
Pertanto, conclude l’Agenzia, per questi periodi di imposta (2017 e 2018) l’istante non può applicare il regime agevolato ai redditi prodotti, potrà invece fruirne per gli altri tre periodi di imposta del quinquennio agevolabile, seguendo le modalità di richiesta previste dalla normativa.
Fonte FiscoOggi.it