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Lavoro straordinario: il dipendente ha sempre diritto alla remunerazione?

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Il lavoro straordinario rappresenta una pratica diffusa da parte di molte aziende. Il suo corretto utilizzo è però fondamentale, oltre che dal punto di vista gestionale, anche per evitare il rischio di ricevere pesanti sanzioni nel caso in cui venga superato il numero di ore massimo di lavoro straordinario previsto dalla legge e dal CCNL di riferimento, oltre a possibili contenziosi con i dipendenti per il pagamento di straordinari effettuati e non retribuiti.

La gestione del lavoro straordinario risulta essere di notevole importanza nelle aziende. Infatti, le ore prestate oltre l’orario di lavoro ordinario consentono alle aziende di incrementare il numero di ore effettivamente lavorate e ai lavoratori di ottenere una retribuzione variabile aggiuntiva rispetto alla retribuzione diretta.

Ma è indubbio che molte volte una gestione non controllata del lavoro straordinario comporta per le aziende il rischio di applicazione delle sanzioni per superamento del numero di ore massimo previsto dalla legge e dal contratto collettivo e un possibile contenzioso con il lavoratore, il quale potrebbe richiedere, soprattutto qualora dovesse cessare il rapporto di lavoro, differenze retribuite vantate a titolo di straordinario prestato e non retribuito. Quali sono pertanto i limiti di utilizzo del lavoro straordinario? Esiste sempre un diritto del lavoratore al pagamento dello straordinario? Quali strumenti può adottare il datore di lavoro per evitare possibili contestazioni da parte del lavoratore?

Normativa di riferimento e limiti alla durata dell’orario di lavoro

Il legislatore nazionale, con il D.Lgs. n. 66/2003, ha disciplinato l’orario di lavoro e ha definito, all’art. 5, come lavoro “straordinario” quello prestato oltre l’orario normale, fissato per legge in 40 ore settimanali, ovvero quello eccedente la media dell’orario settimanale stabilito dai contratti collettivi, indipendentemente dall’orario giornaliero.

L’art. 5 del D.Lgs. n. 66/2003 prevede che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario debba essere contenuto e, salvo diversa disciplina dei contratti collettivi, sia ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali.

È stabilito, inoltre, che il ricorso al lavoro straordinario è ammesso, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, al di fuori dei limiti quantitativi e senza necessariamente il consenso del lavoratore, in relazione a:

  • specifiche ed eccezionali esigenze tecnico-produttive e impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori. In tali ipotesi, le ore di lavoro straordinario devono essere computate nel calcolo della durata massima di prestazioni lavorative tenuto conto delle 48 ore medie settimanali;
  • casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dar luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
  • eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate all’attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.

Computo e registrazione del lavoro straordinario e calendario delle presenze

Sempre l’art. 5, c. 5, D.Lgs. n. 66/2003 impone, inoltre, di computare a parte lo straordinario.

Per quanto riguarda poi gli obblighi di natura formale, l’art. 39, c. 2, D.L. n. 112/2008, stabilisce che il LUL “… deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l’indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi”.

L’obbligo di registrazione delle ore di lavoro straordinario è previsto per tutte le categorie di lavoratori, con la sola eccezione del personale “direttivo”, per il quale è ammessa la possibilità di sostituire la registrazione dell’effettivo numero di ore lavorate giornalmente con l’indicazione della presenza al lavoro costituita dalla causale univoca “P”.

Sul tema, l’INL, con nota prot. 337/2021, riferita al settore autotrasporto, ma a parere di chi scrive, applicabile a tutti i settori, ha chiarito che è sempre obbligatorio indicare nel LUL l’orario effettivo di lavoro tra ordinario e straordinario.

In particolare, secondo l’INL, per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori “ … la registrazione dell’orario di lavoro straordinario non può consistere nella semplice apposizione della lettera ‘P’ (presenza) in quanto non consente in caso di visita ispettiva la verifica delle spettanze retributive e non solo.

L’indicazione, infatti, vale anche in caso di intervenuti accordi sindacali che prevedano la forfettizzazione delle indennità per trasferte e straordinari che rendano la specificazione dell’esatta durata della prestazione lavorativa ininfluente per la determinazione della retribuzione dovuta.

Secondo l’Ispettorato, la possibilità di indicare la “P” di presente è limitata esclusivamente ai lavoratori non assoggettati ai limiti orari di lavoro (personale con mansioni direttive, capi reparto, dirigenti, quadri e simili) e non alla platea generalizzata dei lavoratori.

Trattamento economico

Lo straordinario, in ogni caso e per espressa previsione normativa, va compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro, che possono consentire anche, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, che i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi, istituendo, ad esempio, la c.d. “banca ore”.

La maggiorazione, di norma, va calcolata sulla retribuzione ordinaria percepita dal lavoratore e concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

Salvo diversa previsione contrattuale, il compenso per lavoro straordinario, per sua natura, non entra nella retribuzione utile ai fini del TFR (art. 2120, c.c.).

Diritto al pagamento dello straordinario

La legge prevede espressamente che lo straordinario deve trovare la sua “fonte istitutiva” esclusivamente nell’accordo tra datore di lavoro e lavoratore.

Va tuttavia osservato che il consenso del lavoratore è necessario solo in mancanza di espressa regolamentazione contenuta nel contratto collettivo applicato.

In tal caso, infatti, il lavoratore non potrà rifiutarsi, se richiesto, di eseguire prestazioni straordinarie.

Secondo la giurisprudenza, inoltre, il rifiuto da parte del lavoratore è sanzionabile in via disciplinare solo se l’obbligatorietà della prestazione straordinaria sia prevista dal contratto collettivo (Cass. 19 febbraio 1992, sent. n. 2073).

Per quanto riguarda, invece, l’azienda, non sarà considerato straordinario il lavoro prestato di propria iniziativa dal lavoratore, salva l’accettazione del datore di lavoro, anche tacita, attraverso comportamenti concludenti.

Sul tema si ritiene utile segnalare che recentemente la Cassazione (sent. n. 17192/2024), seppur riferita al pubblico impiego, ha stabilito il principio secondo cui le prestazioni rese oltre l’orario normale di lavoro devono essere retribuite solo se richieste o autorizzate dal datore di lavoro.

In particolare, secondo la Corte, il diritto alla retribuzione per il dipendente per le ore di lavoro straordinario prestato scatta qualora l’autorizzazione del datore di lavoro sia stata resa con modalità difformi da quanto previsto dalla legge e dal CCNL.

Tale principio può essere applicato anche al settore privato, che, pur non essendo regolato da specifiche disposizioni di legge in merito alle modalità di autorizzazione dell’eventuale lavoro straordinario, richiede sempre e comunque l’autorizzazione da parte del datore di lavoro. Autorizzazione che potrebbe essere riconosciuta con una particolare forma eventualmente dalla contrattazione collettiva. Si pensi, ad esempio, alla sanità privata, il cui CCNL prevede che lo straordinario sia autorizzato in forma scritta.

Al fine di evitare qualsiasi contestazione, è consigliato normare eventuali prassi o consuetudini mediante il regolamento interno. In particolare, nella sezione dedicata all’orario di lavoro, potrebbe risultare utile precisare che saranno retribuite le sole ore di lavoro straordinario autorizzate (indicando magari anche la modalità di autorizzazione).

Si ricorda che il regolamento interno può essere definito come lo strumento per l’esercizio del potere direttivo del datore di lavoro. È un atto unilaterale che:

  • non richiede una controparte sindacale per la sua applicazione;
  • la sua fonte giuridica è l’art. 2014, c.c., ai sensi del quale: “È l’obbligo di osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro, che l’imprenditore o i suoi collaboratori impartiscono per conformare la prestazione lavorativa alle esigenze dell’impresa”.

Fonte IPSOA.it