Il licenziamento per ragioni disciplinari di un lavoratore è un provvedimento non conservativo, adottato dal datore di lavoro, per interrompere un rapporto privo dei requisiti di affidabilità, nonché causa di danni che deve essere proporzionato alla condotta lesiva tenuta; inoltre, precisa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19695 depositata il 27 giugno 2018, il comportamento deve rientrare fra quelli ritenuti punibili dal CNL con tale provvedimento, anche se contrario alle norme comuni del vivere civile, pena l’illegittimità.
Una società decideva di licenziare un proprio dipendente, per motivi legati alla disciplina. L’uomo, in particolare, aveva fatto più volte uso della sigaretta elettronica nel locale mensa, nonostante i ripetuti richiami, mossi dal datore di lavoro. Il provvedimento era immediatamente impugnato per ottenerne la dichiarazione di illegittimità. Le doglianze erano accolte dal Tribunale e la decisione veniva confermata anche in secondo grado. La Corte di Appello, in veste di giudice del reclamo, rilevava l’illegittimità del licenziamento, in quanto era un provvedimento del tutto sproporzionato rispetto alla condotta tenuta dal dipendente.
Avverso la predetta decisione, il datore di lavoro proponeva ricorso in Cassazione per sostenere la legittimità del provvedimento non conservativo intimato al dipendente.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19695, depositata il 27 giugno 2018, ha rigettato il ricorso presentato dal datore di lavoro. In particolare, i giudici di legittimità chiariscono che il licenziamento in via generale è un provvedimento, che risponde all’esigenza di interrompere un rapporto di lavoro viziato dalla mancanza di fiducia tra le parti e causa di danni economici all’azienda.
Nell’ipotesi in cui sia adottato per motivi disciplinari, prosegue la Corte, questo deve essere proporzionato, ossia non eccessivo rispetto al comportamento tenuto dal dipendente. Inoltre, ai fini della legittimità della sanzione non conservativa, la condotta punita deve essere compresa all’interno di quelle previste dal Contratto collettivo Nazionale.
Nel caso di specie un dipendente era licenziato, poiché faceva un uso ripetuto della sigaretta elettronica nel locale delle mense, anche se: a) il divieto di fumare il dispositivo elettronico era stato affisso solo qualche giorno prima dell’interruzione del rapporto di lavoro; b) il CNL prescrive per tali condotte l’adozione di sole sanzioni conservative.
Da qui il rigetto del ricorso.
(Fonte IPSOA)