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Nel reddito il rimborso ai dipendenti dei contributi volontari all’Inps

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Non sono somme trattenute per spese sostenute in sostituzione del lavoratore, quindi, non ne restano fuori. Trattandosi di oneri deducibili il beneficiario può comunque chiederne la restituzione al Fisco

Concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente le somme erogate dal datore di lavoro a rimborso dei contributi previdenziali volontari versati all’Inps per completare il periodo necessario alla maturazione della pensione, da coloro che hanno aderito all’applicazione dell’orario ridotto di lavoro, per favorire il ricambio generazionale. È quanto precisa la risposta n. 3/E del 5 gennaio 2021.

 L’ente che propone l’interpello fa presente che, in base al Contratto collettivo di lavoro siglato per incentivare il ricambio generazionale del personale, i dipendenti a due anni dalla pensione possono beneficiare di una riduzione dell’orario di lavoro.

Coloro che optano in tal senso possono scegliere di versare autonomamente i contributi all’Inps per il periodo mancante alla maturazione della pensione, così da mantenere invariata la loro copertura previdenziale. Il datore di lavoro, dal canto suo, rimborsa al dipendente, tramite cedolino, la spesa sostenuta per la contribuzione volontaria.

L’istante fornisce, inoltre, alcune precisazioni: l’intervento è di carattere assistenziale, perché aumenta il benessere del dipendente, rappresenta soltanto una restituzione di somme che l’ente riconosce ai propri dipendenti per le spese da questi sostenute anche nel suo interesse, il rimborso è periodico in quanto può essere chiesto dal dipendente ogni volta che effettua il versamento del contributo pur transitando nel cedolino paga, non rappresenta un corrispettivo in sostituzione del reddito o un risarcimento del danno o un arricchimento per il lavoratore, ma ha il solo scopo di mantenere invariata la copertura previdenziale del dipendente senza aggravarlo della spesa.

Il quesito concerne la corretta tassazione di tali rimborsi. In particolare, l’istante ritiene che gli importi in questione, per loro caratteristiche, non possano configurarsi come retribuzioni, rimborsate al dipendente dal datore di lavoro e, quindi, non sono riconducibili all’articolo 51, primo comma del Tuir, ma piuttosto al comma 2, lettera f) dello stesso articolo 51 riguardante “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100” e quindi non concorrono a formare il reddito dei dipendenti.

 Le argomentazioni dell’istante non sono condivise dall’Agenzia che arriva a conclusioni diverse. Il documento di prassi, in prima battuta, ricorda che sono oneri deducibili i contributi previdenziali e assistenziali, versati per legge o facoltativi, relativi alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi (articolo 10, comma 1, lettera e) del Tuir).

L’amministrazione pone poi l’attenzione sul principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente, fissato dal primo comma dell’articolo 51 del Tuir richiamato, in base al quale costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori che il lavoratore riceve, anche da terzi, a qualunque titolo e anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, compresi, quindi, con riferimento al caso trattato, gli emolumenti ricevuti a titolo di rimborso spese.

Il comma 2 e l’ultimo periodo del comma 3 della norma lasciano aperta la strada ad alcune deroghe al principio di onnicomprensività. Si tratta di eccezioni di carattere agevolativo e, di conseguenza, tassativamente applicabili alle ipotesi indicate.

In particolare, la lettera h) del comma 2, stabilisce che non concorrono a formare il reddito le somme trattenute al dipendente dalla retribuzione per il versamento degli oneri previdenziali previsti dall’articolo 10 del Tuir su richiamato. Non si fa alcun cenno, invece, ai rimborsi corrisposti dal datore in relazione ai contributi versati direttamente del dipendente.

Scopo del meccanismo, ha chiarito la circolare n. 326/1997, è evitare al lavoratore di presentare la dichiarazione dei redditi soltanto per chiedere il rimborso degli oneri deducibili trattenuti dal datore di lavoro che per lui verserà.

Nel caso esaminato, osserva l’Agenzia, agli importi restituiti dall’ente al lavoratore per i contributi volontari versati, non può essere applicata la deroga prevista dalla lettera h) perché non si tratta di spese sostenute dal datore di lavoro in sostituzione del dipendente.

Va da sé che quest’ultimo potrà poi chiederne il rimborso in occasione della dichiarazione dei redditi.

 L’amministrazione esclude, inoltre, che possa essere applicata, come proposto dall’istante, l’agevolazione prevista dal comma 2, lettera f), dell’articolo 51 del Tuir. La norma richiede, infatti, tra l’altro, in combinato con l’articolo 100 dello stesso Testo unico, che:

  • le opere e i servizi devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti
  • tali opere e servizi devono perseguire “specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto” (ad esempio corsi di lingua, informatica, musica, teatro e danza). 

È evidente che si tratta di circostanze non rilevabili nella vicenda descritta nell’interpello. L’Agenzia delle entrate ricorda che sull’argomento, la circolare n. 28/2016, in accordo con precedenti documenti di prassi, ha chiarito che l’esenzione in esame è applicabile soltanto alle erogazioni in natura (ad esempio corsi di lingua, informatica, musica, teatro e danza) e non comprende le somme di denaro corrisposte ai dipendenti a titolo di rimborsi spese anche se documentate.

In conclusione, le somme di denaro erogate dall’ente al dipendente come rimborso dei contributi volontari versati non coincidono con i criteri e le finalità fissati dalla norma agevolativa richiamata dall’istante e, di conseguenza, concorrono alla formazione del reddito del lavoratore.

Fonte FiscoOggi.it