Il licenziamento di un lavoratore che non accetta di modificare il rapporto di lavoro da part-time a full-time è illegittimo. Tecnicamente, infatti, l’orario di lavoro costituisce un elemento caratterizzante l’esplicazione delle modalità lavorative; per tale motivo un’ eventuale trasformazione deve essere il frutto di una modifica concordata congiuntamente da entrambe le parti. A precisarlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10142 depositata il 26 aprile 2018.
Una dipendente veniva licenziata dal datore di lavoro, nota società nel settore del commercio di abbigliamento, in quanto in seguito ad una riorganizzazione aziendale dovuta ad acquisizioni societarie, non aveva accettato la trasformazione del contratto di lavoro da part-time in full-time.
Il provvedimento era immediatamente impugnato, ma il Tribunale ne rigettava le doglianze. La decisione non era confermata in appello; i giudici di secondo grado, infatti, dichiaravano illegittimo il licenziamento disponendo la reintegrazione della lavoratrice, in quanto l’accordo sottoscritto in seguito all’acquisizione aziendale, non prevedeva lo svolgimento delle mansioni in modalità full-time. Inoltre l’assenza di una disciplina convenzionale in materia di orario di lavoro, impone di applicare a tali fattispecie la regola generale del part-time, secondo la quale l’eventuale modifica è sottoposta al consenso dell’interessato. Avverso la predetta sentenza il datore di lavoro proponeva ricorso in Cassazione, per sostenere la legittimità del licenziamento.
La decisione
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 10142, depositata il 26 aprile 2018, ha rigettato il ricorso presentato dal datore di lavoro.
In particolare, i giudici di legittimità chiariscono che il licenziamento di un lavoratore disposto solo per la mancata accettazione della trasformazione del proprio orario di lavoro, è illegittimo.
La ragione, prosegue la Corte richiamando un consolidato orientamento in materia, è data dal fatto che la modalità oraria costituisce un elemento altamente qualificante della prestazione di lavoro; per tale motivo, la variazione in aumento oppure in diminuzione del monte ore pattuito rappresenta una novazione oggettiva dell’intesa inizialmente raggiunta che: a) richiede un’approvazione congiunta da entrambe le parti; b)non è desumibile dall’eventuale comportamento tenuto dalle parti in seguito.
La particolarità della fattispecie e la necessità di tutela della parte debole del rapporto di lavoro, hanno indotto il legislatore a prescrivere con il D.lgs 61/2000, poi abrogato e sostituito dal D.lgs 81/2015, una tutela più rafforzata. In particolare con l’art. 5 è stata prevista la necessità di stipulare per iscritto il contratto di lavoro a tempo parziale; mentre con l’art. 8 di ritenere illegittimo il licenziamento adottato in seguito alla mancata accettazione da parte del lavoratore, di effettuare una trasformazione del rapporto part- time nell’opzione full e viceversa.
Nel caso di specie il datore di lavoro disponeva l’interruzione del rapporto di lavoro, proprio in violazione alle predette norme, per ragioni organizzative.
Da qui il rigetto del ricorso.
(Fonte IPSOA)